Disturbo da accumulo

Il disturbo da accumulo o disposofobia è caratterizzato da una grande difficoltà nel separarsi dagli oggetti personali, che si traduce in accumulo di oggetti anche senza valore o, addirittura pericolosi per la salute (ad esempio riviste, indumenti, scatole, ma anche rifiuti..). In alcune persone l’accumulo è il risultato della difficoltà a buttare, in altre è anche l’esito di un eccesso di acquisti.
Infatti circa l’80-90% degli individui con disturbo di accumulo mostra un’eccessiva acquisizione (eccesso di acquisti, ma anche acquisizione di oggetti gratuiti). Le principali ragioni con con le quali la persona giustifica la sua difficoltà a buttare via, regalare o vendere questi oggetti sono generalmente l’utilità percepita o il valore affettivo. La difficoltà a smaltire le cose può portare ad ingombrare gli spazi di casa fino ad ostacolare le normali attività quotidiane quali muoversi, pulire, dormire ecc.. Se gli spazi vitali sono sgombri spesso è in conseguenza dell’intervento di terzi come ad esempio familiari, amici, addetti alle pulizie, autorità. Il disturbo conduce ad un progressivo isolamento sociale della persona che prova spesso vergogna per le condizioni in cui si trovano i suoi spazi (per esempio evita di invitare amici e parenti a casa) . Inoltre si creano frequentemente conflitti con i familiari, l’ostilità di essi e il loro allontanamento aumenta la sofferenza della persona con disturbo da accumulo creando un circolo vizioso che compromette il funzionamento psicologico lasciandola in una condizione di ritiro e abbandono totale. In altri casi la persona può
mostrare una scarsa consapevolezza e ritenere che i comportamenti di accumulo non siano problematici, nonostante vi sia prova del contrario. L’accumulo è un comportamento collegato tradizionalmente al disturbo ossessivo compulsivo nei casi più gravi era diagnosticato come sintomo DOC, nei casi meno invalidanti era considerato un sintomo Disturbo OssessivoCompulsivo di Personalità. Con la pubblicazione del manuale diagnostico DSM 5 (APA, 2013) il comportamento di accumulo è diventato un disturbo autonomo, con il nome di Hoarding Disorder, inserito tra i disturbi “correlati” al DOC. Nel DSM 5 viene definito come disturbo caratterizzato dalla difficoltà a buttare determinate cose, indipendentemente dal loro valore, a causa di un intenso bisogno di salvarle e di un forte disagio all’idea di separarsene. Si stima che tra il 2 e il 6% della popolazione presenti un problema di accumulo che gli causa disagio e/o problemi che interferiscono con il normale svolgimento della propria vita. In realtà è probabile che si tratti di un fenomeno sottostimato visto che raramente chi accumula chiede aiuto e riconosce il disturbo. Inoltre il problema viene vissuto in una dimensione di segretezza: chi ne soffre si vergogna, evita di parlarne.

La prevalenza del disturbo di accumulo è circa tre volte superiore in individui di età oltre i 55 anni rispetto ad adulti più giovani. La gravità del disturbo può variare molto: da persone che hanno la casa completamente invasa dagli oggetti, con solo stretti passaggi attraverso i quali muoversi tra le stanze, ad altre che affittano magazzini dove conservare le cose, ad altre ancora che si limitano ad
accumulare selettivamente solo alcuni oggetti. La gravità dell’accumulo tende ad aumentare con il progredire dell’età della persona affetta e il decorso è spesso cronico. La terapia cognitivo comportamentale è considerata il trattamento di elezione per il disturbo da accumulo. Essa consiste in:

  • Interventi focalizzati sulla motivazione al trattamento
  • Skill Training (sessioni terapeutiche in cui si il terapeuta addestra la persona alla capacità di prendere decisione e risolvere i problemi)
  • Esposizione graduale allo scegliere, buttare, non comprare . Ad esempio il terapeuta espone il paziente a situazioni per lui ansiogene aiutandolo ad affrontarle (“ Proviamo a buttare questo foglietto? Come ti senti?”), il paziente con l’aiuto del terapeuta impara a stare nella situazione stimolo (ad esempio davanti alla situazione “buttare un oggetto personale” oppure “non comprare qualcosa che sembra proprio una grande occasione”) e lo aiuta a trovare modalità alternative all’accumulo come risposta alla situazione.
  • Ristrutturazione cognitiva: si riconoscono e modificano le convinzioni che hanno causato o mantengono il disturbo.